Punto e a Capo Pordenone

Punto e a Capo Pordenone

Responsabile: Giulio Raffin

Viale Trento, 3
33170 – Pordenone

348 4462144

graffin@libero.it

Già attiva dal 1986 sotto la direzione di Silvio Zanette con gli allestimenti Tredici a tavola di Sauvajon, Le gelosie di mio marito di Roberto e Spirito Allegro di Coward, nel 1992 si costituisce come associazione autonoma e proprio in quell’anno debutta con la famosissima commedia Rumori fuori scena di Michael Frayn.
Negli anni successivi sono state rappresentate le commedie Camere da letto di Alan Ayckbourn, per la regia di Nelly Quette, California Suite di Neil Simon per la regia di Carla Manzon, Nostra Dea di Massimo Bontempelli per la regia di Fabio Scaramucci e Le donne d’intelletto di Molière con la regia di Ferruccio Merisi.
Nel gennaio 2009 debutta Amleto in salsa piccante di Aldo Nicolaj sotto la direzione di Mirko Artuso, con cui la Compagnia ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Tra questi il premio come migliore spettacolo al III° Festival del Teatro Amatoriale del Friuli Venezia Giulia e nella Quinta Edizione del Festival “Teatro a Tema” di Trieste.
Nel 2011 in collaborazione con il Gruppo Teatro Pordenone “Luciano Rocco” ha allestito la commedia in dialetto pordenonese Il morto per equivoco ossia la vecchia corbellata di Giuseppe Spelladi per la regia di Ferruccio Merisi, che ha debuttato al Teatro Verdi di Pordenone.
Fra le attività del gruppo anche letture radiofoniche, letture di testi letterari e poetici in occasione di concerti e presentazioni di libri, animazioni di fiabe per i bambini e scene di Commedia dell’Arte.

Spettacoli in Cartellone:

L'importanza di chiamarsi Ernest

Autore: Oscar Wilde
Regia: Andrea Trangoni
Genere: commedia
Anno: 2014
Lingua: italiano
Durata (min.): 95

“The Importance of Being Earnest” fin dal titolo svela l’essenza più profonda del proprio messaggio, ossia niente è come sembra. Nella lingua inglese la pronuncia del nome proprio Ernest (il protagonista della commedia) e dell’aggettivo Earnest (cioè “onesto, affidabile”) è la medesima. Un nome quindi (meglio ancora se di casato nobiliare) si porta appresso anche una qualità, al di là dei comportamenti reali della persona, spesso contraddittori. Ed è proprio contro il perbenismo e il puritanesimo di facciata dell’alta società britannica vittoriana che Oscar Wilde si scaglia, con il consueto pungente sarcasmo.
Ma questa commedia è anche altro. È la ricerca affannosa di tutti i personaggi di scoprire qualcosa di se stessi, qualcosa che è loro ignoto o che è stato loro nascosto per anni. È il tentativo di completarsi, di trovare un modo di “essere” finalmente qualcuno e non soltanto di “sembrarlo”. Ecco perché i personaggi stessi non sono e non si sentono ancora definiti, vivono la sensazione di essere perennemente solo imbastiti, con finiture mancanti, come un abito ancora in lavorazione.
Ecco perché si rifugiano sempre a immaginare un’altra vita, magari letteraria. Ecco perché armeggiano di continuo con libri o diari o breviari, perché scrivono e leggono febbrilmente, quasi che potessero vivere solo quanto riesce loro di fermare sulla carta. È un mondo letterario, artefatto, da sfogliare pagina dopo pagina per crederlo vero, reale. Come la scenografia dove si muovono, fatta di volumi, di libri aperti, di carta e inchiostro.
Un mondo che la caustica divertita ironia di Oscar Wilde ha trasformato in un capolavoro del teatro.

Amleto in salsa piccante

Autore: Aldo Nicolaj
Regia: Mirko Artuso
Genere: Tragicommedia brillante
Anno: 2009
Lingua: italiano
Durata (min.): 105

La tragedia di Amleto viene vista e vissuta in cucina attraverso la servitù. Il cuoco è l’origine di tutta la sanguinosa vicenda, raccontata in chiave comica e parodistica. I servi prendono per mano il pubblico e lo portano tra pentole e fornelli, narrando la storia di Amleto. Ritmo, sorprese e citazioni per rendere omaggio al capolavoro di Shakespeare, ma allo stesso tempo ricavarne inaspettati risvolti esilaranti. Un gioco teatrale in bilico tra realtà e finzione, dramma e commedia, amore e morte, vita e sogno.
Amleto balbetta smemorato di se stesso sulle tavole della cucina reale, l’umile Froggy persegue caparbio e inarrestabile la sua arte di cuoco e di attore.
C’è del marcio in Danimarca! O forse è l’arrosto di cinghiale che puzza? O forse la cioccolata che sa di rancido? Riuscirà un cuoco a risollevare con le sue invenzioni gastronomiche le sorti del castello di Elsinore e a guarire Amleto dai suoi dubbi esistenziali e dalla sua crisi di identità?

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